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L’arte della non gestione

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È tempo di guardare alla managerialità attraverso una nuova lente, adattata ad un tipo di lavoro basato su conoscenze complesse, molto diversificate  e alla gestione di lavoratori e team di talento. Si tratta di un approccio che potremmo definire “non gestionale” e che porta ad aumentare regolarmente la produttività, la qualità e il coinvolgimento nelle organizzazioni ad alte prestazioni.

La maggior parte dei manager opera ancora utilizzando il modello del “manager che sa tutto”, che era solo marginalmente efficace quando fu ideato per un ambiente di lavoro di tipo industriale, ormai più di cento anni fa. Rispetto alle linee di produzione in fabbrica di quell’epoca, i luoghi di lavoro intellettuale di oggi sono quasi l’esatto opposto, ogni parte del lavoro è diversa e le macchine ora sono al servizio dei lavoratori. Laddove il rigido conformismo era il comportamento desiderato dai lavoratori, oggi invece si vuole che le persone portino il loro contributo creativo e le loro intuizioni come parte dello sforzo comune.

Il problema e le opportunità sono in realtà ancora più strategiche rispetto a tutto ciò, perché il vecchio modello manageriale porta ad una produttività ridotta nel nuovo contesto, un paradosso che esiste da oltre un secolo ma che ora è in netto rilievo rispetto alle esigenze aziendali di oggi.

Un problema di eccesso di management

La maggior parte dei manager pensa di essere responsabile della produttività, invece molto spesso è vero il contrario: la produttività può essere inversamente proporzionale al livello di attività manageriale. Ciò può essere rilevato chiaramente nel vecchio modello industriale: se un manager interrompe o distrae il suo operaio, la produzione rallenta. In quel contesto l’impulso a “essere manager” era limitato da parametri di efficienza verificati empiricamente (parti prodotte per ora, per esempio). Vuoi gestire in maniera eccessiva i tuoi operai? Fallo pure, ma poi dovrai spiegare perché il tuo reparto non ha raggiunto i suoi numeri di produzione prestabiliti.

Ma nel lavoro di tipo intellettuale di oggi, molto variabile e diversificato, non esistono parametri di questo tipo. Quanto tempo ci vuole per scrivere quel rapporto o per costruire qualcosa che non è mai stato costruito? I manager si affidano a stime, ma spesso i numeri sono troppo bassi.

La mancanza di una metrica oggettiva significa che viene meno un vincolo fondamentale del comportamento manageriale. È quasi impossibile separare i costi di una gestione eccessiva dall’errore in una stima errata o dalla, più rara, sottoperformance del lavoratore.

Le stime ottimistiche predispongono i lavoratori e i team a prestazioni deludenti, un’ombra che spesso nasconde un eccesso di gestione e una scarsa pratica manageriale. Una ricerca americana sulle cause della ridotta produttività dei lavoratori, condotta da AgencyAgile campionando oltre  duecento organizzazioni di servizi professionali, mostra che la principale fonte della perdita di produttività (ben oltre la metà) sono le cattive pratiche manageriali.

Ironicamente, non è insolito che un’organizzazione, vedendo quanto lentamente si sta portando avanti il lavoro, decida che è necessario un maggiore controllo manageriale. In realtà, una minore interferenze manageriale aumenta quasi uniformemente la produttività. Questo approccio intelligente di non gestione include sia evitare comportamenti scorretti sia un importante cambiamento nello stile manageriale, enfatizzando un atteggiamento stimolante e reattivo rispetto ad un atteggiamento di comando e controllo.

La maggior parte dei manager pensa di essere responsabile della produttività, eppure è vero il contrario: la produttività è inversamente proporzionale al livello di attività manageriale.

Un insegnamento dall’Agile

Il “Manifesto for Agile Software Development”, un insieme di tecniche con un nome ben brandizzato, pensato per progetti software su larga scala nel 2001, ha avuto diversi anni di successi, ma nell’ultimo decennio ha avuto una battuta d’arresto. Organizzazioni e consulenti hanno cercato di implementare le sue tecniche molto specifiche in un’ampia gamma di attività per le quali non era stato ideato, con risultati poco brillanti (o peggio). Tuttavia, i metodi Agile sono riusciti a dimostrare una cosa importante: che una minore gestione comporta una maggiore produttività. Se implementato correttamente, Agile consente ai manager pochissima interazione con lavoratori e team, fatta eccezione per alcuni momenti chiave in cui condividono la loro comprensione del lavoro o forniscono feedback e tutoring.

Il principio fondamentale dell’unmanaging estende questa idea: i lavoratori di oggi sono straordinariamente capaci di autogestire molti aspetti del lavoro. I manager possono far riferimento a quelli che possiamo definire i “Quattro Momenti Manageriali Chiave” per guidare le loro azioni e il cambiamento verso l’unmanagement. Il quattro momenti manageriali sono:

  • Il momento del perché (Why Moment): questo è il comportamento manageriale più trascurato ma allo stesso tempo più necessario nei nostri luoghi di lavoro moderni. Il momento del perché è un incontro di menti per affrontare la naturale reazione umana dopo che gli è stato detto “cosa” fare: chiedere perché è necessario, comprendere il quadro più ampio. In Giappone, dove è prevalente, i manager chiamano questa pratica “Ba”. Invita i lavoratori ad assumersi la responsabilità e richiede pazienza e umiltà da parte del management per ottenere buoni risultati. Il Why Moment abilita il What Moment, ovviamente.
  • Il momento cosa (What Moment): questo momento riguarda principalmente la portata, “cosa” è necessario per un deliverable di successo. Questo momento, spesso, è mal gestito nei luoghi di lavoro di oggi, dove i manager nutrono nozioni ereditate dalla gestione di tipo industriale secondo cui dovrebbero sapere più dei lavoratori. È invece spesso vero il contrario.
  • Il momento vai (Go Moment): Il Go Moment è il momento in cui si verifica la produttività. I manager devono rilassarsi, di fatto degestendo durante le finestre di produttività di cui i lavoratori hanno bisogno. È il momento in cui si trasferisce un senso di auto-controllo al lavoratore, che è un potente motivatore. Se i momenti Perché o Cosa sono stati gestiti male, i lavoratori nel Momento Go avranno difficoltà.
  • Il momento di crescita (Grow Moment): Il Grow Moment è quando le azioni dei manager sono dirette verso momenti di opportunità e inclusione, apprendimento, misurazione, riflessione e mentoring. Troppo spesso oggi i manager, dopo aver fallito nei momenti Perché e Cosa, gestiscono eccessivamente il Go Moment, trascurando del tutto di concentrarsi sul Grow Moment.

Le nuove metriche dell’unmanagement

Una delle cose più sorprendenti che si possono osservare è che i lavoratori stessi, a causa del loro intrinseco desiderio di eccellere, sono il miglior barometro dell’efficacia manageriale. Sono più accurati nel segnalare le sfide rispetto ai manager e spesso sono la migliore fonte per determinare se i manager stanno andando bene. La società di consulenza aziendale Deloitte, nella propria ricerca interna, ha scoperto che il fattore più forte nel successo dei lavoratori era l’empowerment da parte dei manager, come riassunto da questa affermazione: “Al lavoro, ho l’opportunità di fare ciò che so fare meglio ogni giorno”.

Nell’unmanagement, il manager armonizza le proprie azioni con le esigenze dei lavoratori e dei team, abilitando e liberando la loro naturale capacità ed energia, evitando anche molti dei comportamenti odierni che uccidono la produttività.