Favorire la mobilità interna per un vero sviluppo
Bloccare l’avanzamento dei dipendenti è una scommessa persa per le organizzazioni, i dipendenti e gli stessi manager, come dimostra una nuova ricerca.
Capita spesso di avere la fortuna di avere dei super-collaboratori: non mancano mai una scadenza, riescono sempre a impressionare un cliente, spengono gli incendi, supportano i colleghi e fanno da mentore ai membri più giovani del team. È difficile immaginare vita lavorativa senza di loro. E poi ti dicono che sono pronti a crescere e vogliono trovare una diversa opportunità in azienda. A questo punto cosa fare? Seppellire la delusione, ringraziarli per tutto quello che hanno fatto e aiutarli immediatamente a tracciare il passo successivo? Oppure comportarsi in modo egoistico e suggerire che non sono ancora pronti per un lavoro più grande, ma potrebbero esserlo tra sei mesi?
Il manager che si comporta in questo modo fa però incetta di talenti, cioè impedisce ai collaboratori di cercare lavori altrove all’interno dell’organizzazione. I dati disponibili suggeriscono che la maggior parte dei manager prima o poi ha avuto un atteggiamento simile. Secondo uno studio recente, il 75% dei manager ha ammesso apertamente di trattenere i talenti e, dato che questo non è esattamente un comportamento socialmente desiderabile, si può pensare che quella percentuale sia in realtà molto più alta.
Fare incetta di talenti
I manager adottano una varietà di comportamenti mirati a trattenere i talenti e non farli spostare in altre parti dell’organizzazione. Alcuni comportamenti mirano a ridurre la visibilità dei dipendenti superstar verso il resto dell’organizzazione. Ad esempio, i manager possono scegliere di non esporre i dipendenti a opportunità di sviluppo di alto profilo o incarichi di lavoro che consentirebbero loro di ottenere un ampio riconoscimento interno.
Sono innumerevoli le storie di manager che non riescono a elogiare i propri subordinati durante le sessioni di calibrazione delle prestazioni, le revisioni dei talenti interni e le conversazioni sulla pianificazione della carriera. In molti casi, i dipendenti non sono consapevoli della mancanza di sostegno in pubblico perché poi i loro manager li elogiano in privato.
Più direttamente, i manager possono bloccare le promozioni. Molte aziende richiedono che i dipendenti ottengano l’approvazione del loro attuale manager per presentare domanda di cambiamento di ruolo, quindi i manager possono semplicemente dire di no. Altri potrebbero bloccare le promozioni chiedendo apertamente ad altri manager di non prendere in considerazione un particolare subordinato per una posizione aperta.
Il più delle volte, tuttavia, i manager scoraggiano semplicemente i propri dipendenti dal perseguire altre opportunità. Una ricerca della Utah State University ha dimostrato che i manager sono particolarmente inclini a impegnarsi in tattiche di persuasione volte a convincere i propri subordinati che perseguire altre opportunità interne sarebbe svantaggioso. I manager possono anche lasciar intendere che un subordinato non è pronto a crescere o che passare a un nuovo manager sarebbe sleale.
Perché i manager adottano questo tipo di atteggiamenti?
Alla base dell’apparente mancanza di sostegno alla crescita dei dipendenti c’è il fatto che i manager spesso sono incentivati a migliorare costantemente i risultati del team: gli aumenti, i bonus e le promozioni dei manager sono spesso legati alle prestazioni della loro unità o squadra. Perdere un dipendente, anche uno che non è eccellente, può ostacolare le prestazioni dell’unità in vari modi. Può causare interruzioni nelle attività lavorative o nelle routine di quell’unità, alterare la cultura o la coesione del gruppo e persino incoraggiare altri dipendenti dell’unità a cercare allo stesso modo nuove opportunità. I manager possono essere particolarmente sensibili nel vedere i dipendenti andare in altre unità, dato che spesso si vedono in competizione con gli altri manager per le scarse risorse interne, compreso il talento.
Inoltre, i manager vengono raramente penalizzati per questo tipo di pratiche.
Molte organizzazioni hanno sistemi di valutazione formali che distinguono tra prestazioni aziendali e prestazioni di leadership. L’idea alla base della valutazione dei manager sulla leadership delle loro persone è che ciò li incentivi a investire nello sviluppo dei loro subordinati. È un’ottima idea in teoria, ma in pratica, tuttavia, quasi tutti i manager ottengono un voto positivo sulla loro leadership e, quando arriva il momento di decidere quali manager premiare, quasi tutto il peso viene attribuito alla performance aziendale. In altre parole, la performance aziendale è un “must do”, mentre lo sviluppo dei dipendenti è semplicemente un “nice to have”.
Di conseguenza, i manager diventano territoriali nel trattenere i propri dipendenti più preziosi, spinti principalmente dall’incertezza sulla loro capacità di sostituirli con altri ad alte prestazioni. Infatti, molti manager sarebbero anche disposti a lasciare che un dipendente si sposti all’interno dell’azienda e a sostenere attivamente il suo avanzamento di carriera se sapessero con sicurezza di trovare un sostituto adeguato.
I vantaggi di sostenere l’avanzamento dei dipendenti
In uno studio del MIT , condotto su quasi 100.000 candidature interne presentate per circa 10.000 posti di lavoro aperti pubblicati da più di 3.000 responsabili delle assunzioni presso diverse società statunitensi, si vede che i manager con tassi più elevati di promozione dei subordinati hanno ricevuto un numero significativamente maggiore di candidature interne quando si è aperta una posizione del loro team. Forse ancora più notevole è il fatto che hanno ricevuto molte più candidature da dipendenti di alto livello e di altre funzioni.
Inoltre, questi effetti persistevano anche quando i manager cambiavano posizione: i manager che aiutavano i loro precedenti subordinati a ottenere promozioni ricevevano comunque candidati più numerosi, migliori e funzionalmente più diversificati quando assumevano per la prima volta in una nuova squadra. La loro reputazione nel far crescere le persone li seguiva in tutta l’organizzazione.
I manager che non riuscivano a supportare le promozioni dei subordinati avevano invece molte più difficoltà ad attirare talenti nei loro team. In particolare, i dipendenti evitavano di candidarsi per manager i cui team avevano tassi di turnover elevati, spesso sulla base del presupposto che i subordinati se ne erano andati perché i loro manager non sostenevano il loro avanzamento di carriera.
Esiste anche un fenomeno di “promozioni coercitive”: ciò si verifica quando i manager concedono a un dipendente un titolo migliore, e talvolta un leggero aumento di retribuzione, per continuare a svolgere lo stesso lavoro. In altre parole, si tratta di promozioni solo di nome che hanno semplicemente lo scopo di mantenere i dipendenti nel team un po’ più a lungo. Si possono dunque distinguere promozioni che hanno portato i dipendenti a lavorare per altri manager e promozioni che hanno costretto i dipendenti a riferire allo stesso manager. Mentre i manager che sostengono promozioni che portano a lavorare con altri manager attraggono più candidati interni, coloro che offrono promozioni mirate solo a trattenere i lavoratori sul posto non vedono alcun effetto positivo.
La duplice logica alla base di questi fenomeni è interessante. Poiché ci sono sempre meno percorsi di carriera consolidati all’interno delle organizzazioni, i dipendenti ora prestano molta attenzione ai risultati dei loro colleghi e utilizzano tali osservazioni per prendere le proprie decisioni di carriera. Inoltre i dipendenti sono attratti – e quindi più propensi a ricercare – quelle opportunità di lavoro che ritengono forniranno opportunità per futuri avanzamenti di carriera. In altre parole, quando i dipendenti valutano se candidarsi per una posizione aperta non si chiedono solo: “Questo lavoro mi aiuterà a far avanzare la mia carriera adesso?” ma anche: “Questo lavoro mi aiuterà a farlo in futuro?”
Implicazioni per i manager
I manager devono essere disposti a rinunciare al talento se desiderano diventare attrattivi per altri talenti. Anche se può sembrare che offra dei vantaggi a breve termine, trattenere i talenti è una strategia perdente a lungo termine. I manager che accumulano talenti alla fine li perderanno comunque, spesso perché un dipendente semplicemente abbandonerà del tutto l’organizzazione. Anche prima di andarsene, è probabile che questi dipendenti diventino meno produttivi a causa della demotivazione e del tempo sottratto al loro lavoro per cercare altre opportunità all’esterno. Quando avranno posizioni da ricoprire, i manager accaparratori troveranno poche risposte. Cosa forse ancora più importante, svilupperanno la reputazione di manager per cui nessuno vorrà lavorare, il che limiterà la loro capacità di avanzare nella carriera.
Questo fenomeno è inoltre costoso per le organizzazioni, visti gli investimenti che potrebbero aver fatto per promuovere la mobilità interna. L’impennata del turnover volontario all’inizio del decennio, seguita dall’incertezza economica, ha indotto le organizzazioni a valorizzare più che mai i propri talenti interni. Decenni di ricerche hanno dimostrato che il modo migliore per convincere i dipendenti a restare è mostrare loro che possono migliorare le loro carriere all’interno dell’organizzazione. Eppure, anno dopo anno, i dipendenti riferiscono che la ragione principale per cui lasciano l’azienda è la mancanza di opportunità di avanzamento di carriera. Molte aziende hanno affrontato questo problema facilitando la mobilità interna: rendono le opportunità visibili ai dipendenti e viceversa, rendono visibili i dipendenti che desiderano cambiare ruolo ai responsabili delle assunzioni dei vari dipartimenti. I manager possono pubblicare le offerte di lavoro aperte su una bacheca interna e i dipendenti possono candidarsi per essere presi in considerazione facendo domanda per posti di lavoro corrispondenti alle loro qualifiche e preferenze. Una ricerca ha dimostrato che questi approcci sono incredibilmente efficaci nel generare abbinamenti persona-lavoro di alta qualità. I mercati interni dei talenti aumentano la fidelizzazione e consentono all’azienda di garantire che i talenti fluiscano in modo efficiente verso le aree in cui è più probabile che creino valore, il tutto riducendo i costi di reclutamento e il tempo in cui una posizione viene lasciata aperta.
Quando i manager trattengono i talenti nel loro team, limitano la libertà con cui le persone possono muoversi. La mancanza di movimento interno soffoca le innovazioni rivoluzionarie spesso stimolate da spostamenti tra funzioni e unità aziendali. I ruoli critici richiedono più tempo per essere ricoperti perché i responsabili delle assunzioni devono guardare all’esterno e i costi di reclutamento salgono alle stelle.
Le organizzazioni che desiderano scoraggiare questo fenomeno dovrebbero prendere in considerazione l’idea di incentivare seriamente i manager a sviluppare i propri dipendenti e facilitare il loro avanzamento in altre aree dell’azienda. Ad oggi, poche organizzazioni sembrano premiare formalmente i manager per lo sviluppo dei dipendenti. I progressi nei sistemi informativi delle risorse umane rendono relativamente facile monitorare i tassi di promozione da parte dei manager e offrire premi simili. Sebbene tali programmi non siano certamente economici, ci si può aspettare che i costi siano almeno parzialmente compensati dai vantaggi in termini di fidelizzazione e prestazioni. Un ulteriore vantaggio di tenere sotto controllo in questa metrica è che i leader possono vedere quali manager sono bravi a far progredire i propri dipendenti e parlare con loro del perché e del come hanno così tanto successo. I leader possono quindi identificare i manager che hanno avuto meno successo e condividere con loro le opinioni dei manager di maggior successo. Incoraggiamo quindi i manager a pensare al tempo e alle energie che spendono fornendo ai loro subordinati opportunità di sviluppo e avanzamento di carriera, aumentando la loro visibilità e aiutandoli a creare connessioni interne come investimento non solo nel futuro dei loro subordinati ma anche nel proprio.